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Un maxi gregge di ovini dalla Sardegna per i terremotati

Un maxi gregge di ovini, tra cui numerosi agnellini, è partito dalla Sardegna alla volta dell’Umbria: sono quasi mille pecore donate dai pastori sardi. Un gesto significativo che serve a ridare la speranza ai loro sfortunati colleghi che hanno perso gli animali durante il terribile sisma di sette mesi fa.

“Sa paradura”, un’antica tradizione

In questa maniera è stata rinnovata l’antica tradizione agropastorale “Sa paradura” con la quale vengono offerte in dono una o più pecore a chi cade in disgrazia per risollevarne le sorti. Sono 25mila le aziende agricole e le stalle nei 131 comuni terremotati di Lazio, Marche, Umbria e Abruzzo, che vanno a coprire ben 292mila ettari di terreni agricoli, coltivati soprattutto a seminativi, e prati e pascoli. Imprese per la quasi totalità a gestione familiare (96,5%), secondo le elaborazioni Coldiretti sull’ultimo censimento Istat. 40mila le pecore, che sviluppano un fiorente indotto agroindustriale: caseifici dai quali si ottengono specialità famose in tutto il mondo.

L’operazione maxi gregge, coordinata dalla Coldiretti, che ha visto arrivare pecore da tutta la Sardegna, dalla Barbagia alla Gallura, dall’Ogliastra al Campidano, dalla Nurra al Sarrabus, ha avuto come punto di raccolta il centro ricerche Agris di Bonassai, nel Sassarese da dove, a bordo di autoarticolati, le pecore sono partite per raggiungere il porto bianco di Olbia, lo scorso 31 marzo, per l’imbarco verso Civitavecchia, da dove partiranno alla volta di Cascia, in Umbria. E’ stata presa la decisione di assegnare le pecore a 40 pastori umbri con una consegna casuale – “a stumbu” – fatta da un bambino bendato, secondo i canoni dell’antica tradizione.

Le difficoltà dei pastori sardi

La Sardegna, terra di pastorizia in cui si concentra il 40% degli ovini italiani, suddivisi nei 12 mila allevamenti presenti in tutta l’isola, ha voluto dare il suo contributo, nonostante il settore stia vivendo momenti davvero difficili: basti pensare che dalla mungitura quotidiana di una pecora si ottiene in media un litro di latte che oggi viene pagato a un prezzo dimezzato rispetto a due anni – appena 60 centesimi rispetto a 1 euro di fine 2015.

Numerosi i casi di solidarietà che si sono succeduti in questi mesi, prova che il settore primario italiano è vivo ed è parte integrante anche del tessuto sociale del Paese: dalle operazioni “adotta una mucca”, che ha già dato ospitalità ad almeno 2000 pecore e mucche sfollate a causa dei crolli delle stalle, a “dona un ballone” di fieno per garantire l’alimentazione del bestiame. E non è mancata la solidarietà della gente comune: basti pensare che oltre 50mila italiani hanno assaggiato la “caciotta della solidarietà”, ottenuta con il latte raccolto dalle stalle terremotate di Norcia, Amatrice e Leonessa, e il “cacio amico” fatto con il latte degli allevamenti marchigiani.