Il più grande impianto di biogas al mondo alimentato con siero di latte? Sì, e si trova in Inghilterra, in un caseificio di proprietà del gruppo Dairy Crest, ad Aspatria, centro rurale di sole 3.000 anime nella contea di Cumbria. In realtà si tratta di una ristrutturazione, con potenziamento, di un impianto esistente, al quale è stato aggiunto un sistema per il recupero dell’azoto e del fosforo. A realizzarlo è stata la britannica Clearfleau, dalla quale fanno sapere che, nel 2016, il sistema produrrà 1.000 m3/giorno di biogas e ridurrà i costi di gestione dei fanghi residui in caseificio. Il progetto è stato cofinanziato con fondi pubblici.
Il biogas è prodotto dalla digestione anaerobica di materiale organico (grassi, zuccheri e proteine) negli effluenti e nei sottoprodotti. La digestione anaerobica può essere utilizzata anche per generare biogas da liquami zootecnici e rifiuti alimentari domestici. La ‘materia prima’ comprende le acque di lavaggio a bassa resistenza, come i risciacqui di processo, integrati da permeato di siero di latte, ovvero il residuo della produzione di formaggio, dopo l’estrazione di proteine per l’impiego in integratori energetici.
La Lake District Biogas (LDBG) è una società costituita appositamente per gestire i residui delle industrie di trasformazione alimentare e delle bevande. Il biogas prodotto può essere utilizzato per generare elettricità rinnovabile e, quindi, servire il caseificio, con conseguente riduzione di combustibili fossili; inoltre, può essere migliorato, con elaborazioni aggiuntive, per permettere un’utilizzazione come biometano con l’immissione nella rete del gas locale.
Il siero di Cheddar, formaggio – il più diffuso in Inghilterra – prodotto nel caseificio, contiene al massimo il 3% di sale (quando, ad esempio, il siero di mozzarella o di parmigiano contiene fino a 15 g/l di sale), caratteristica che lo porta ad esser definito siero ‘dolce’. Tale particolarità rende gli effluenti dei caseifici inglesi relativamente facili da trattare e ne permette l’utilizzo nella fertirrigazione, senza rischio di salinizzazione del terreno agricolo. Quindi con un maggior potere metanogenico rispetto a quello che potrebbe scaturire dal siero ‘nostrano’, più acido.